Le stime non lasciano spazio a dubbi: chi perderà il posto finirà tra gli inattivi. Paghiamo i danni di una politica che ha sostenuto un mercato del lavoro asfittico, debole e precario

Il crollo delle economie europee dopo il lockdown è solo una conferma, dolorosa, di quanto tutti preventivavamo da diverse settimane. Le stime della Commissione Europea, che si aggiungono a quelle del Fondo Monetario Internazionale, dei singoli governi e delle agenzie di rating, non sono una sorpresa.

Più interessanti, invece, sono le asimmetrie nelle previsioni: sia tra i Paesi che tra i vari indicatori presi in esame, che si tratti di PIL o di occupazione, o altro. Asimmetrie che ci dicono molto anche sul modello di sviluppo seguito dagli Stati negli ultimi anni, dandoci informazioni anche su alcune loro caratteristiche strutturali.

Innanzitutto, non sembra esserci una relazione perfetta tra riduzione della mobilità (come misurata da Apple) e calo del Pil.

Ci sono Paesi che, pur avendo avuto meno restrizioni (anche per un minor livello di contagio), avranno comunque un peggioramento della crescita maggiore rispetto ad altri che al contrario, hanno imposto lockdown più feroci. Si veda il caso della Grecia o dell’Irlanda: non a caso le loro economie dipendono molto da quello che accade negli altri Paesi.

Un collegamento diretto, invece, si intravede tra il calo della mobilità e la crescita dell’occupazione. È da qui che arriveranno le notizie peggiori di questa crisi.

Dati della Commissione Europea, dati Apple, mobilità normale=100

Prendiamo l’Italia. La differenza tra la crescita del Prodotto Interno Lordo del 2019 e del 2020, ovviamente negativa, non sarà così distante dalla media. Passeremo dal +0,3 per cento al -9,5 per cento. Spagna, Irlanda, Grecia, Ungheria, Croazia e altri Paesi dell’Est faranno di peggio, soprattutto perché registravano performance migliori prima della pandemia.

Quello che ci distingue invece, assieme a Francia e Spagna, è il notevole peggioramento della crescita dell’occupazione. È stata del dello 0,3% l’anno scorso e diventerà negativa del 7,5 per cento nel 2020. Questo peggioramento – ben il 7,8 per cento – supera qualsiasi altro (i nostri vicini latini a parte). In Germania, per capirsi, si passerà da un +0,9 per cento a un -0,9 per cento.

Non è un caso che nel 2021 dovremmo avere dei rimbalzi superiori a quelli degli altri. Anche se, come è ovvio, il livello di affidabilità delle previsioni per il prossimo anno è minore anche di quello, già non altissimo, delle stime sul 2020.

Dati della Commissione Europea

Insomma, la crisi del coronavirus colpirà l’occupazione più che proporzionalmente rispetto a quanto non impatterà sul Pil, almeno rispetto agli altri Paesi.

È l’opposto di quanto accadde nel 2008-09 e nel 2011-13. In quelle due occasioni l’occupazione italiana riuscì a resistere più che altrove: non vi fu, come per esempio in Spagna, un enorme calo del numero di lavoratori.

Tra le ragioni figura il fatto che l’Italia reagì con un calo della produttività del lavoro. Accettando cioè che ogni lavoratore rimasto, perché non perdesse il posto, producesse e rendesse un po’ meno.

Per renderlo sostenibile, durante la ripresa, l’Italia diventò – per la prima volta nella storia recente – il Paese con l’incremento minore dei salari. Tradotto: la torta si era rimpicciolita e noi non volevamo diminuire il numero di fette. Di conseguenza erano molto più sottili.

Si è cominciato a pagare meno i lavoratori riducendo gli orari di lavoro e introducendo più part time e contratti a chiamata. In questo modo, dal 2014 l’occupazione è potuta risalire a livelli apparsi miracolosi, toccando un record di 23 milioni di occupati. Mentre il Pil rimaneva sotto il livello del 2008.

Era però lavoro fragile, poco produttivo, svolto in aziende dei servizi con margini ridottissimi e che non avrebbero mai potuto reggere l’urto di uno tsunami come quello del Covid-19, che può solo scalfire la sicurezza di un dipendente di una multinazionale ICT, ma certo non quella già precaria di una commessa di un bar.

Non è un caso allora che oggi Italia e Spagna, che hanno seguito traiettorie simili, siano i Paesi con la maggiore variabilità dei dati sull’occupazione. A prescindere dai livelli di partenza, sono quelli in cui sono previsti gli sbalzi maggiori tra 2019 e 2020 e tra 2020 e 2021.

Dati della Commissione Europea

Tanto per fare un confronto, non si prevede lo stesso per il Pil. Certo, anche qui l’Italia figura tra quelli con le oscillazioni più ampie. Ma non si registra un divario rispetto al resto d’Europa paragonabile ai dati dell’occupazione.

Dati della Commissione Europea

Una ulteriore conferma viene dai dati sul saldo commerciale. In alcuni, addirittura, migliorerà, nonostante il crollo del Pil. È il caso dell’Italia: in cui pur essendo già positivo, salirà, andando da +3 per cento a +3,4 per cento sul Pil. In Spagna crescerà dal 2 per cento al 3,2 per cento.

Lungi dall’essere un fatto positivo, prefigura una crisi dei consumi, che renderà il calo dell’import ancora più importante di quello dell’export, nonostante la prevedibile contrazione del commercio internazionale.

Dati della Commissione Europea

Un altro dato negativo, anche se potrebbe non apparire così a prima vista, è il fatto che l’Italia non risulti tra i Paesi in cui la disoccupazione crescerà di più quest’anno rispetto al 2019. Passerà dal 10 per cento all’11,8 per cento. Al di sotto della media europee.

In Spagna passerà dal 141% al 18,9%, in Polonia dal 3,3 per cento al 7,5 per cento. E lo stesso vale per il 2021. La ragione è semplice: chi perderà il posto, non comincerà a cercarlo (come fanno i disoccupati) ma, come un tempo, finirà nell’inattività.

Siamo sempre stati il Paese con più Neet (Not in Education, Employment, Training), con meno donne al lavoro, con più inattivi.

Negli ultimi anni si erano registrate diminuzioni insperate – più grazie alle riforme delle pensioni, in verità, che per un aumento delle opportunità per i giovani – ma nonostante tutto si era notato un certo movimento anche in questa categoria: sempre più persone preferivano cercare lavoro anziché risultare in questa zona grigia delle statistiche.

Dati della Commissione Europea

Ora questa crisi funzionerà come una grande macchina del tempo. Ci sballotterà indietro di decenni, all’epoca in cui lavoravano in pochi. Allora erano i capifamiglia, oggi soltanto i più fortunati. Donne e giovani stavano (e staranno) a casa.

Si consumerà meno, soprattutto italiano. In estate, per risparmiare e non contagiarsi, si andrà al mare (in Italia) con la borsa-frigo. Sarà come tornare negli anni ’80: con il deficit e il debito sempre più su e lo Stato sempre più presente nell’economia.

Sulla carta sembra la coronazione di un sogno retrò che negli ultimi anni ha contagiato sempre più italiani. Nella realtà sarà solo un incubo da cui vorremo risvegliarci presto.

Articolo di “Linkiesta”
https://www.linkiesta.it/2020/05/occupazione-italia-disastro-coronavirus/

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