A differenza dei dati sanitari, quelli economici non vengono elaborati e diffusi in tempo praticamente reale. Le statistiche che rilevano l’andamento dei settori richiedono più tempo e quindi quando sono diffusi fotografano spesso una situazione di qualche mese più vecchia. Per questo ci siamo dovuti accontentare di ipotesi e stime molto grezze, anche perché cercare di capire quali sarebbero stati gli effetti di un evento tanto enorme e inaspettato si è rivelato un compito difficilissimo persino per i migliori esperti. Ma a questo punto cominciamo ad avere i primi numeri più accurati, per quanto ancora preliminari, che possiamo usare per capire quanto davvero la più grossa crisi dai tempi della seconda guerra mondiale ha danneggiato – e sta danneggiando – l’Italia.
Le previsioni di crescita del Pil sono senz’altro l’indicatore da cui partire. Lo scenario base parte da quanto ipotizzato dalle stime Istat di fine 2019, che già suggerivano un 2020 di modesta crescita: sotto il singolo punto percentuale, al netto dell’inflazione.
L’Istat ieri 8 giugno ha stimato «una marcata contrazione del Pil nel 2020», con una caduta dell’8,3%, e «una ripresa parziale nel 2021», stimando un rialzo del 4,6%. L’Istituto, nelle “Prospettive per l’economia italiana” nel 2020-2021, rimarca come il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo abbiano «determinato un impatto profondo». Uno «shock senza precedenti», la cui quantificazione è connotata «da ampi livelli di incertezza». Rispetto alle precedenti stime sul 2020 «nel complesso la revisione al ribasso del Pil è stata pari a circa 9 punti percentuali». Più pessimista la Commissione europea che ha ipotizzato un calo del Pil del 9,5% nel 2020.
Se confermato, si tratterebbe del peggior risultato dell’economia italiana dalla fine della seconda guerra mondiale, con un calo di oltre quattro punti in più rispetto al picco negativo della grande recessione del 2009. Già prima di questa crisi secondo l’Ocse il reddito per abitante degli italiani era fermo grosso modo allo stesso livello del 1999, e con una perdita del genere esso indietreggerebbe di diversi altri anni ancora.
Per i numeri reali del Pil bisognerà attendere ancora un altro po’, ma intanto già quelli della produzione industriale sono coerenti con un quadro di enorme difficoltà. Nell’anno passato da marzo 2019 a marzo 2020 infatti è diminuita del 29,3%, con grossi cali in tutti i settori a partire dalla fabbricazione di mezzi di trasporto (-52,6%), industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-51,2%), fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-40,1%), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-37%) “mentre il calo minore si registra nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-6,5%)”.
Dal punto di vista dei prezzi, ci si aspetta che l’effetto principale sarà quello di una modesta deflazione nel 2020, anche a causa del crollo del prezzo del petrolio. Dunque di prezzi che per le ultime stime della commissione europea dovrebbero ridursi dello 0,3%, per poi tornare a crescere, benché di poco allo 0,7%, l’anno successivo. Secondo REF ricerche, poi, nel 2020 anche export e import dovrebbero contrarsi molto calando rispettivamente del 15% e dell’11%, per poi risalire di percentuali simili nel 2021.
Per quanto riguarda le famiglie, come succede spesso in periodi di incertezza l’aspettativa è di un balzo di avanti del tasso di risparmio delle famiglie. Era rimasto intorno o poco sopra il 10% sin dal 2016, secondo la Commissione europea, ma la previsione è che balzerà al 16,5% nel 2020 per “normalizzarsi” nel 2021. L’impatto lo si vede sui consumi, che secondo Confcommercio sono calati un po’ ovunque a cominciare, ovviamente, dai servizi alberghieri dove nel 2020 si prevede una diminuzione di oltre il 35%. Riduzioni del 15% e poco più vengono ipotizzate nell’intrattenimento, cultura e istruzione, trasporti; di poco meno del 10% nell’abbigliamento e negli elettrodomestici. Unici settori in cui cresce il consumo risulterebbero, al contrario, la sanità, le comunicazioni e l’alimentare – ma parliamo comunque di piccoli incrementi, nell’ordine di qualche punto percentuale.
Quella sul risparmio delle famiglie come molte altre previsioni economiche ipotizzano una qualche forma di ritorno allo status quo nel 2021, ma è importante sottolineare che già normalmente resta difficile stimare cosa succederà a un anno e mezzo di distanza, figuriamoci nella situazione attuale.
Poiché quella in cui ci troviamo è alla fine una crisi sanitaria, prima che economica, finché non si risolve la prima qualunque ipotesi sull’evoluzione della seconda ha pochissime basi. Le cose cambiano radicalmente se, per ipotesi, un vaccino funzionante venisse trovato fra un anno o fra cinque, e lo stesso vale per qualunque tipo di cura o trattamento efficace.
La risposta più onesta, se ci chiediamo cosa succederà l’anno prossimo, è che non lo sa davvero nessuno.
A differenza dei dati sanitari, quelli economici non vengono elaborati e diffusi in tempo praticamente reale. Le statistiche che rilevano l’andamento dei settori richiedono più tempo e quindi quando sono diffusi fotografano spesso una situazione di qualche mese più vecchia. Per questo ci siamo dovuti accontentare di ipotesi e stime molto grezze, anche perché cercare di capire quali sarebbero stati gli effetti di un evento tanto enorme e inaspettato si è rivelato un compito difficilissimo persino per i migliori esperti. Ma a questo punto cominciamo ad avere i primi numeri più accurati, per quanto ancora preliminari, che possiamo usare per capire quanto davvero la più grossa crisi dai tempi della seconda guerra mondiale ha danneggiato – e sta danneggiando – l’Italia.
Le previsioni di crescita del Pil sono senz’altro l’indicatore da cui partire. Lo scenario base parte da quanto ipotizzato dalle stime Istat di fine 2019, che già suggerivano un 2020 di modesta crescita: sotto il singolo punto percentuale, al netto dell’inflazione.
L’Istat ieri 8 giugno ha stimato «una marcata contrazione del Pil nel 2020», con una caduta dell’8,3%, e «una ripresa parziale nel 2021», stimando un rialzo del 4,6%. L’Istituto, nelle “Prospettive per l’economia italiana” nel 2020-2021, rimarca come il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo abbiano «determinato un impatto profondo». Uno «shock senza precedenti», la cui quantificazione è connotata «da ampi livelli di incertezza». Rispetto alle precedenti stime sul 2020 «nel complesso la revisione al ribasso del Pil è stata pari a circa 9 punti percentuali». Più pessimista la Commissione europea che ha ipotizzato un calo del Pil del 9,5% nel 2020.
Se confermato, si tratterebbe del peggior risultato dell’economia italiana dalla fine della seconda guerra mondiale, con un calo di oltre quattro punti in più rispetto al picco negativo della grande recessione del 2009. Già prima di questa crisi secondo l’Ocse il reddito per abitante degli italiani era fermo grosso modo allo stesso livello del 1999, e con una perdita del genere esso indietreggerebbe di diversi altri anni ancora.
Per i numeri reali del Pil bisognerà attendere ancora un altro po’, ma intanto già quelli della produzione industriale sono coerenti con un quadro di enorme difficoltà. Nell’anno passato da marzo 2019 a marzo 2020 infatti è diminuita del 29,3%, con grossi cali in tutti i settori a partire dalla fabbricazione di mezzi di trasporto (-52,6%), industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-51,2%), fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-40,1%), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-37%) “mentre il calo minore si registra nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-6,5%)”.
Dal punto di vista dei prezzi, ci si aspetta che l’effetto principale sarà quello di una modesta deflazione nel 2020, anche a causa del crollo del prezzo del petrolio. Dunque di prezzi che per le ultime stime della commissione europea dovrebbero ridursi dello 0,3%, per poi tornare a crescere, benché di poco allo 0,7%, l’anno successivo. Secondo REF ricerche, poi, nel 2020 anche export e import dovrebbero contrarsi molto calando rispettivamente del 15% e dell’11%, per poi risalire di percentuali simili nel 2021.
Per quanto riguarda le famiglie, come succede spesso in periodi di incertezza l’aspettativa è di un balzo di avanti del tasso di risparmio delle famiglie. Era rimasto intorno o poco sopra il 10% sin dal 2016, secondo la Commissione europea, ma la previsione è che balzerà al 16,5% nel 2020 per “normalizzarsi” nel 2021. L’impatto lo si vede sui consumi, che secondo Confcommercio sono calati un po’ ovunque a cominciare, ovviamente, dai servizi alberghieri dove nel 2020 si prevede una diminuzione di oltre il 35%. Riduzioni del 15% e poco più vengono ipotizzate nell’intrattenimento, cultura e istruzione, trasporti; di poco meno del 10% nell’abbigliamento e negli elettrodomestici. Unici settori in cui cresce il consumo risulterebbero, al contrario, la sanità, le comunicazioni e l’alimentare – ma parliamo comunque di piccoli incrementi, nell’ordine di qualche punto percentuale.
Quella sul risparmio delle famiglie come molte altre previsioni economiche ipotizzano una qualche forma di ritorno allo status quo nel 2021, ma è importante sottolineare che già normalmente resta difficile stimare cosa succederà a un anno e mezzo di distanza, figuriamoci nella situazione attuale.
Poiché quella in cui ci troviamo è alla fine una crisi sanitaria, prima che economica, finché non si risolve la prima qualunque ipotesi sull’evoluzione della seconda ha pochissime basi. Le cose cambiano radicalmente se, per ipotesi, un vaccino funzionante venisse trovato fra un anno o fra cinque, e lo stesso vale per qualunque tipo di cura o trattamento efficace.
La risposta più onesta, se ci chiediamo cosa succederà l’anno prossimo, è che non lo sa davvero nessuno.
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